Il volto in una gabbia
Descrizione
Ero tornato da pochi giorni in Italia dopo essere stato in Israele per qualche mese quando appresi che la Caritas di Vicenza organizzava una grande festa per l'oramai diffusa in tutta Italia "Notte dei senza dimora" .
Mi recai pertanto in Piazza delle Poste dove assistetti a più eventi tutti molto interessanti. Non conoscevo nel dettaglio il programma e mi dissero di recarmi sotto il palco che sarebbe successo qualcosa.
Con la leggerezza di chi non sa quello che sta per accadere mi misi a "giocare" con le esposizioni tra i faretti del palco e la poca luce sulla piazza, tentando si isolare i soggetti dallo sfondo. Un brusio lontano nella piazza mi distolse dal gioco. Dopo anni di reportage ho imparato a farmi portare dai rumori della gente per essere sul posto giusto: con mia grandissima sorpresa vidi un uomo distinto, vestito di tutto punto, con un enorme cappotto di gabbia metallica. Ne fui rapito.
Mille pensieri e associazioni di idee passarono per la mia mente finché decisi di smettere di pensare e di scattare così, sull'onda delle emozioni, facendomi trasportare da quello strano personaggio con barba e capelli lunghi, ben curati, vestito in abito che a fatica arrancava verso il palco trascinandosi quella pesante gabbia metallica.
Una voce dal palco intanto leggeva un testo impegnato. Parole come gabbia e maschere imponevano alla mia testa ricordi di Pirandello, Uno Nessuno Centomila; domande sul come mi vedo io e come mi vedono gli altri; la complessa relazione tra fotografo/fotografato/osservatore della foto, un difficile triangolo filadelfico che cela in se il concetto di modifica del reale, la sublimazione e spettacolarizzazione della sofferenza, della vita, degli avvenimenti e dove il fotografato diventa oggetto espropriato della sua immagine in balia di letture o usi inappropriati nei quali non si riconosce . Difficile poi cacciare via Verga e Moravia con i loro concetti di esistenza e le visioni sociali di Guttuso.
E' normale! Quando una performance parla all'anima, l'osservatore si anima. Si mettono in moto concetti e affetti del passato per riconoscere quello che si vede, per darne un senso, per cercare di capirlo.
Scatto d'istinto, non penso più all'immagine. Ne escono queste foto che qui ti presento. Foto che ho scelto perché mi hanno lasciato dentro qualcosa. Non sono forse il massimo a livello tecnico e l'occhio attento potrebbe coglierne tutti i difetti, ma riescono a dire di chi sta dietro all'obiettivo più di altri lavori tecnici e precisi .
In questa performance mi sono perso dietro a quel signore distinto in gabbia con barba e capelli lunghi ben curati, per poi ritrovarmi in quell'uomo rasato, vestito con un maglione e berretto di lana, che se ne va incerto portandosi dietro il peso di una gabbia di cui ora, però, ne ha preso coscienza.
Altro
Ti invito a visitare il sito di Alberto Salvetti. Nella sezione performance ci sono anche queste mie foto.