Video della fotografa Luiza Florenzano
L’artista dalle Complesse Geometrie Interiori
FRANCESCA WOODMAN
Questa fotografa, morta giovanissima suicida, affascina e colpisce ancora oggi per la sua ricerca interiore attraverso autoscatti, “selfie” direbbero oggi in molti, davanti ai quali non si può rimanere indifferenti. Dopo aver superato la morbosità di vedere degli autoscatti di nudo di una ragazza che si è suicidata, si apre un mondo dove dalle sue opere emergono quei sentimenti che noi tutti conosciamo, ma che spesso non riusciamo ad esprimere e raccontare. Lei, giovanissima, ci è riuscita scrivendo indelebilmente il suo nome nella storia della fotografia. Quando racconto di Woodman e faccio vedere qualche scatto a chi di fotografia sa poco o nulla, le reazioni sono sempre molto controverse, ma tutti ne rimangono colpiti.
Voglio scrivere questo post per dare anch’io il mio piccolo tributo di ammirazione e divulgare il suo lavoro e farla conoscere.
L’artista dalle complesse geometrie interiori
Francesca Woodman, nata a Denver il 3 aprile 1958 da una famiglia di artisti, cresciuta con la macchina fotografica, cominciò a fotografare a tredici anni utilizzandola come mezzo per esprimersi e “scoprirsi” attraverso disegni di luci e ombre.
Volle fermare e documentare l’istante, il suo profondo essere in continua mutazione e la ricerca di sé: “Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate”. Il 19 gennaio del 1981, all’età di 23 anni, pose fine alla sua vita gettandosi da un palazzo di New York, poco dopo aver pubblicato il suo unico e grande lavoro fotografico dal titolo “Some Disordered Interiors Geometries”.
Una collezione fotografica dove traspaiono le disordinate geometrie interiori che le appartenevano: figure enigmatiche, quasi metafisiche, e allo stesso tempo delicate e dense di sofferenza come l’artista stessa.
Le sue immagini vanno oltre il visibile, pone qualche oggetto o semplicemente se stessa per oltrepassare il limite, creando un tempo e uno spazio non finiti.
Il corpo nudo dell’artista diventa protagonista in uno spazio essenziale ricco di vissuto, fondendosi con la natura e il suo essere da un lato e distaccandosi-distanziandosi da sé, dall’altro: “La cosa che mi interessava di più era la sensazione che la figura, più che nascondersi da se stessa, fosse assorbita dall’atmosfera, fitta e umida”.
Autorappresentandosi (con le immagini) cerca di affermarsi conoscendosi, portando “dentro” una presenza della sua nudità che non vuole sbiadire e di un essere che non vuol essere dimenticato: “Il mondo dell’arte ti dimentica se vai via per cinque minuti”.
Nei suoi scatti sembra chiedersi appunto quale sia la sua identità, chi può essere lei in questa vastità. Così si sperimenta in posizioni composite, erotiche ma delicate, creando un’iconografia immaginifica dove i suoi luoghi, stanze di una casa, aprono alla contemplazione che contengono e di ciò che può accadere.
Nota biografica
Francesca Woodman è cresciuta in una famiglia di artisti: il padre George era un pittore, mentre la madre Betty, una ceramista. Trascorse molto tempo in Toscana, dove la famiglia aveva un casale, e a Roma, dove frequentò i corsi della Rhode Island School of Design (RISD) appassionandosi alle opere di Man Ray, Duane Michals, Arthur Fellig Weegee e Max Klingerz. Successivamente conosce Sabina Mirri, Edith Schloss, Giuseppe Gallo, Enrico Luzzi e Suzanne Santoro, frequentando anche l’ambiente artistico della Transavanguardia Italiana. La sua prima personale italiana si tenne alla libreria Maldoror, nel 1978 e sucessivamente, sempre a Roma, realizza la serie “Calendar Fish” e “Self Deceit”, prima che la giovane artista facesse ritorno in America per trasferirsi nell’East Village.
Visioni




Riflessi
Nell’epoca dell’autoerotismo fotografico dei selfie guardare le foto di Francesca Woodman può creare un certo imbarazzo.
Chiamare “selfie” questi autoscatti artistici sarebbe svilire queste opere; o innalzare ad uno stato di ricerca fotografica quest’usanza oramai diffusa.
Eppure mi piace pensare che anche il più minkia dei bimbominkia, nell’atto non pensato di predere lo smarphone per farsi una foto, abbia celato il desiderio di raggiungere se stesso in quella profondità che percepisce esserci, ma che non afferra. Forse perché questo tentativo è goffo e maldestro che ci si ostina a fare i selfie? E quelle facce strane? … e se la profondità del selfiesta emergesse proprio in quelle facce strane??? 😯
Lasciamo che farsi i selfie rimanga un gioco divertente.


Se vuoi approfondire
Siti suggeriti
Francesca Woodman bibliografia
https://en.wikipedia.org/wiki/Francesca_Woodman
http://www.doppiozero.com/materiali/recensioni/vita-avventure-e-morte-di-francesca-woodman
https://www.left.it/2016/01/03/il-fotografo-come-soggetto-larte-di-francesca-woodman/
Interessanti:
http://www.fotografareindigitale.com/2014/05/francesca-woodman-usa-1958-1981/
https://accademiadegliincerti.wordpress.com/tag/francesca-woodman/
http://iperarte.net/ledonnedellarte/francesca-woodman/
http://www.barbarainwonderlart.com/2014/11/18/francesca-woodman/